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15 Settembre 2019

5 LEZIONI CHE HO IMPARATO DAL MIO ULTIMO DOCUMENTARIO

Nei secoli fedele (Il caso di Giuseppe Uva)




Sono passati quasi otto anni da quando ho finito di montare il mio secondo documentario.

Nel complesso, è stata una delle esperienze più gratificanti ed educative del mio viaggio da regista.

Alla fine di questo documentario, come alla fine di ogni nuova esperienza, ho imparato cose nuove e confermato le mie convinzioni su ciò che serve per lavorare come filmmaker, in che modo si deve raccontare una storia, e quanto è necessario evolversi e progredire costantemente.

Del resto, i documentari non sono solo uno strumento narrativo, ma a mio avviso rappresentano una delle forme d’arte più importanti e significative del nostro secolo.

I documentari hanno il potere di cambiare il mondo, così come le parole e i messaggi che hanno significato. Anzi, oggi i documentari hanno il potere di dare voce anche a chi non ne ha più e non ha lasciato parole e testi pur lasciando tracce indelebili.

Pensa a Gandhi. Un documentario su Gandhi ha il potere di essere il suo megafono di oggi.

E noi, come creatori di queste opere, dovremmo sempre sforzarci per rendere il loro impatto sul pubblico ancora più potente.

Ma fermiamoci un attimo, e partiamo dall’inizio.

“Nei secoli fedele. Il caso di Giuseppe Uva” narra il caso di Giuseppe Uva, che nel 2008, dopo essere stato arrestato dalla polizia e portato in caserma, morì nell’ospedale di Varese per cause ancora da chiarire.

Il processo che venne fatto nel 2011 assolse i medici dell’ospedale in cui venne trasferito, ma resta ancora da chiarire che cosa successe prima del suo ricovero: la notte dopo il suo arresto per schiamazzi in luogo pubblico, dove venne trattenuto in caserma per più di 3 ore.

Perché dopo qualche ora Giuseppe Uva morì?

Questa fu una delle tante domande che mi feci quando lessi questo fatto di cronaca sul giornale.

Quel giorno chiamai Lucia, la sorella di Giuseppe, che da quel giorno iniziò un vera e propria battaglia contro lo Stato e contro le forze dell’ordine che quella notte fermarono suo fratello.

Da quel fatto, io e i miei collaboratori, abbiamo realizzato un documentario che uscì solamente nel 2012.

Eccolo…

In questo articolo ho deciso di svelarti le 5 lezioni che ho imparato durante la lavorazione del film.

Spero siano utili al tuo percorso da regista.

Sei pronto? Si comincia!

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Come-girare-un-documentario

1) ATTENTO ALLA STORIA! DEVE ESSERE MOLTO APPASSIONANTE

Perché un film abbia successo, deve avere una storia che appassioni le persone. Ma soprattutto, specialmente all’inizio del percorso, deve appassionare te.

Sappi che dedicherai moltissimo tempo al tuo progetto.

Uno, due, forse tre anni!!!

Riuscirò a rimanere concentrato per tutti questi anni?

In tre anni succedono tante cose nella vita di un uomo.

Ce la farò a resistere agli imprevisti che la vita ha in serbo per me?

Sappi che se la storia che hai scelto ti appassiona, questo non significa che appassioni anche le altre persone.

Preparati a rispondere a domande come: “Perché dovrei produrre il tuo film? Io lo trovo stupido” oppure “Perché la gente dovrebbe vedere il tuo film? Io preferirei andare a mangiare una pizza!”.

Trovare una storia molto appassionante spianerà al tuo documentario la strada del successo. 

Pensaci molto prima di chiamare un produttore! 😉

Varese 2012 (Photo by Francesco Menghini)

Varese 2012 (Photo by Francesco Menghini)

Varese 2012 (Photo by Francesco Menghini)

Varese 2012 (Photo by Francesco Menghini)

2) OGNI LUNGO VIAGGIO INIZIA SEMPRE CON UN PRIMO PASSO

Girare un documentario non è semplice.

Soprattutto se vivi in Italia.

Girare un documentario è un lungo processo fatto di moltissimi traguardi, ognuno dei quali dovrebbe essere raggiunto con la stessa quantità di passione e dedizione.

Alla fine dei conti, è questa la cosa più importante.

Non c’è cosa più bella della certezza che per realizzare il tuo film hai messo in campo tutte le tue abilità e le tue conoscenze.

A questo proposito, voglio raccontarti una storia.

Durante le riprese del mio ultimo documentario, stavo diligentemente cercando un produttore affermato, che avesse avuto voglia di unirsi al nostro progetto.

Come tutti i miei collaboratori, volevo che il mondo intero vedesse il mio film.

Un giorno, un mio caro amico montatore, mi fissò un appuntamento con un noto produttore della Rai.

Ero entusiasta.

Non dormii tutta la notte per l’agitazione.

Il giorno dopo, davanti ad una buona tazza di caffè, il Sig. Produttore mi disse una cosa che non dimenticherò mai: “Nessuno amerà il tuo film quanto te stesso”.

Appena lo disse, pensai: “Non questo. Il mio documentario piacerà a tutti.”

Tuttavia, dopo 5 anni, ho capito che quelle parole erano pronunciate da un professionista che sapeva il fatto suo.

Il tuo film è il tuo bambino, e sempre lo sarà.

Girare un documentario

Varese 2012 (Photo by Francesco Menghini)

Nelle righe che seguono, scoprirai 4 tecniche che utilizzo prima, durante e dopo le riprese del film.

A) STUDIA ATTENTAMENTE IL PLOT

Innanzitutto, una specifica: il plot, nel mondo del filmmaking, è la struttura narrativa utilizzata del tuo documentario.

Personalmente, durante la fase di pre-produzione, cerco sempre di imparare il più possibile sulla storia che ho intenzione di raccontare. Che si tratti di un film naturalistico o di un film denuncia, provo ad ottenere quante più informazioni possibili sui personaggi, sui luoghi e sugli eventi relativi al film.

B) CREA UNA LISTA DELLE SCENE DA GIRARE

Per quanto possibile, determino sempre in anticipo le scene che voglio girare per raccontare la storia che ho in mente.

Naturalmente, gran parte di queste scene, non riusciremo mai a girarle! 😉

Ma più so in anticipo cosa girerò, più inquadrature potrò pianificare.

C) GIRA SEMPRE CON LA SCENEGGIATURA IN MENTE

Gran parte del mio lavoro di documentarista, consiste nel catturare gli eventi mentre accadono.

Esattamente come fa un operatore ENG.

Tuttavia, durante le riprese del film, cerco sempre di non dimenticare la sceneggiatura che ho scritto insieme ai miei collaboratori.

In questo modo, infatti, sarà più facile indirizzare la storia verso ciò a cui avevi pensato, e non ti troverai in difficoltà durante la fase di post-produzione.

D) LA MUSICA È FONDAMENTALE

Se sei un lettore del mio blog, sai esattamente quanto sono fissato per le musiche.

A mio parere, la musica ha sul film la stessa influenza che hanno le immagini.

Leggi anche:

Come scrivere una sinossi di un documentario

Varese 2012 (Photo by Francesco Menghini)

attrezzatura per documentari

Self (Photo by Francesco Menghini)

3) GIRARE UN DOCUMENTARIO COSTA TANTA FATICA

Il giorno che ho finito di montare il film è stata una vera liberazione.

Erano passati circa 2 anni dal giorno in cui avevamo deciso di iniziare questa nuova avventura, e mi sentivo veramente stanco.

Sangue, sudore e lacrime!

Ricordo ancora che appena finimmo l’esportazione, mi sdraiai sul pavimento e chiusi gli occhi.

Era finita!

O almeno così pensavo. In realtà, una volta terminato il montaggio, inizia la difficile fase della distribuzione. Ma, per fortuna, io avevo già il mio produttore che pensò in anticipo dove e quando far vedere il mio film al grande pubblico.

Più tardi scoprii che i filmmaker americani hanno dato un nome alla sensazione che provi una volta terminato il film.

Si chiama “Sophomore Slump”.

Molte volte, infatti, dopo aver completato il loro primo film, i filmmaker cadono in una profonda crisi. Soprattutto se si sta lavorando per un film con un budget molto ridotto.

Il Sophomore Slump colpisce soprattutto quei cineasti che hanno riscontrato un certo successo con il loro primo film.

Nel secondo film, infatti, si prova a replicare il successo del primo.

Ci riusciranno?

O sarà solamente un flop?




4) LAVORARE CON UN BUONO STATO D’ANIMO, PORTA A RISULTATI MIGLIORI

Indipendentemente da ciò che sto facendo, se mi sento bene fisicamente e mentalmente riesco sempre a portare a casa dei risultati migliori.

Facci caso: alcuni giorni ti ci vogliono 8 ore per modificare o cambiare una scena al montaggio, altri invece ti ci vogliono solamente due ore.

La differenza la fa il tuo stato d’animo!

Sembra basilare, ma saltare i pasti, alzarsi troppo tardi e non fare attività fisica porta velocemente ad un rallentamento del funzionamento mentale.

Per questo motivo, se un giorno mi sento poco bene, cerco di allontanare tutte quelle attività che hanno bisogno di una spiccata creatività.

A mio parere, infatti, la qualità del nostro tempo è importante almeno quanto la quantità.

Proiezione del film a Roma

La proiezione del film a Roma (Photo by Francesco Menghini)

Proiezione del film a Roma

La proiezione del film a Roma

5) CERCA DELLE PERSONE CHE POSSANO AIUTARTI

Girare un cortometraggio con una trama semplice, non ha bisogno di una squadra composta da tante persone.

È per questo motivo che nei primissimi anni del mio percorso da filmmaker, avevo imparato a lavorare da solo, anche su progetti un po’ più difficili.

Morale della favola, ogni volta che arrivavo alla fine del progetto, mi sentivo molto stanco.

Nel corso degli anni, invece, ho imparato a collaborare e distribuire il lavoro con altri professionisti.

Un documentario, infatti, ha bisogno di più teste pensanti, perché il confronto genera sempre un progetto più consapevole.

Dalla ricerca e dallo sviluppo della storia, nella fase di preproduzione, all’assistente che può ricaricarmi le batterie durante le riprese, cercare nuove persone che si appassionino ai tuoi progetti, ha un valore inestimabile.

Trovale!

Bene, siamo arrivati al termine di questo articolo.

Spero tanto che ti sia piaciuto e che ti abbia aiutato nel tuo percorso da regista di documentari.

Ora tocca a te. Se hai una domanda da pormi, non esitare a contattarmi o a scrivere qualcosa nei commenti.

Buon lavoro!


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